A.A.A. Vendesi sfiga, volentieri

Quando la sfortuna si mischia all'avventura escono fuori le mattinate come quella di oggi. 
Credo sia risaputo ormai che con la sfiga ci vado a braccetto, manco avessi un gatto nero che mi dorme sotto il letto - ma forse la colpa per oggi va data a quello che sabato sera mi ha attraversato davanti la macchina, o forse era grigio? Al buio non si capiva! Ma quello che ho vissuto stamattina è stato di proporzioni epiche, come se non avessi mai girato Roma mezza addormentata, da pizzo a pizzo, a bordo del mio ferrarino nel colore e nello spirito.


Appuntamento alle 9.40 completamente dall'altro lato della città dunque, svegliatami di buon'ora e non so come, avendo fatto tardi sulla tabella di marcia, sono uscita di casa alle 8 per arrivare con i capelli dritti ed i nervi a fior di pelle. Causa?
Aver fatto più di un'ora e mezzo nel traffico senza riuscire a mettere mai la quarta. Finito quello che dovevo fare, il tom tom mi segnalava quaranta minuti di tempo per il ritorno, una grande conquista dato che il peggio lo avevo già passato: armata di buona speranza e quasi con un accenno di sorriso mi sono messa in macchina.

Ma che ve lo dico a fare, il buon'umore per le strade della città dura veramente poco perché, proprio mentre mi congratulavo mentalmente con me stessa per aver fatto metà della strada in così poco tempo e avendo già pregustato i piani per quell'ora in avanzo, ho proseguito dritta sul raccordo anulare - la bestia più infame per un romano - e presa dai miei pensieri non ho "mantenuto la destra" rimanendo così intrappolata nella corsia centrale senza possibilità di uscita se non quella in autostrada.

Volendo potrei addossare anche tutta la colpa alle segnaletica ambigua e totalmente assente per questo piccolo particolare: mi sono vista passare di fianco tutti i cartelli d'uscita verso casa ed anche quelli per l'inversione di marcia, lasciandomi andare allo sconforto dell'ignoto che mi stava aspettando. 

"Dove sono?", "Ora mi fermo e chiamo papà, mi faccio venire a prendere da lui!", "Ma quelli sono cartelli in direzione Firenze?!".

Insomma, ho tirato dritto con la paura negli occhi e la schiena rizza,
Alla fine la strada mi ha portato verso la barriera Est di Roma, infilo il mio euro e settanta centesimi nel box e seguo in direzione Lunghezza ma, come si suol dire, MAI UNA GIOIA: il tom tom mi fa fare almeno 10 km per riportarmi esattamente allo stesso punto. La seconda volta decido di prendere il biglietto e tirare dritto ancora una volta ritrovandomi sull'autostrada dei Parchi. Non ho parole per definire il nervoso misto alla strizza che stavo provando.

Alla fine? Dopo altri 35 km in autostrada ed il pagamento del pedaggio sono riuscita a rimettermi sulla via di casa.

Infondo, quel tempo libero era superfluo.

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