Spezzoni dei miei scritti

Mi afferrò per un braccio e mi spinse dietro l'albero. Le urla scemavano e i passi si facevano sempre più vicini. Passarono oltre, senza vederci. Potevo sentire Julian rigido e contratto, come se fosse pronto a fronteggiarli in qualsiasi momento, ma quando li vide sparire tra la folta erba lo sentii sospirare sollevato. "Abbiamo rischiato parecchio!" disse accovacciandosi sull'erba, ed io lo imitai. "Chi erano?" "Sono un gruppo di rivoluzionari, una sorta di setta che vuole capovolgere le istituzioni del Paese." Lo guardai leggermente perplessa, era la prima volta che sentivo parlare di questi rivoluzionari. "La monarchia non piace a tutti!" rimbeccò con un sorriso amaro mentre muoveva le mani tra i fili d'erba. "E voi non fate nulla per fermarli?" "Ci proviamo, ma non è facile. Bisogna stanare chi muove i fili per arrivare ad una fine." Piegai il capo come per dire che comprendevo ciò che mi stava dicendo. "Ma ora preferirei occupare il tempo in modo diverso.." tornai a guardarlo, interrogativa. "Vorrei parlare di te, di me se vuoi, sei qui perché ti conosca, no?" Sorrisi. "E sentiamo principino dei miei stivali, cosa vorresti sapere di me?" Si picchiettó la parte bassa della guancia, sembrava stesse pensando davvero di farmi una domanda. "Allora, sappiamo che sei qui non proprio per tua volontà, che la vita di palazzo non ti dispiace ma...ciò che vorrei sapere è perché non mi chiedi di mandarti via? Insomma sono state fatte già due eliminazioni e tu non volevi neanche venirci." Nonostante mi sembrasse lecita la sua domanda rimasi comunque sorpresa dalla sua schiettezza. Per un momento cercai di mettermi sulla difensiva, ma tanto valeva godermi quel momento, uno dei pochi dove le telecamere non potevano vederci. Gli riservai un sorriso, poi strappai da terra qualche filo verde e iniziai ad intrecciarli con dita esperte, una volta finito presi la sua mano, con cura, quasi avessi paura di toccarlo. Avvolsi quel piccolo ricamo attorno al suo polso e lo fermai con un nodo. Indugiai con lo sguardo su quel braccialetto quando lui mise un dito sotto il mio mento per costringermi a guardarlo. I suoi occhi chiedevano spiegazioni, chiedevano una risposta sincera a quella domanda. "A casa mia quando ti viene regalato uno di questi braccialetti è sinonimo di affetto, sai?" La romanzai un po', per paura di dire ad alta voce quello che il mio cuore gridava. Potei vedere il suo sguardo ammorbidirsi e farsi tenero; mi accarezzó una guancia e si sporse verso di me. Posò delicatamente le sue labbra sulle mie. Erano morbide. Le dischiuse, venendomi a cercare. Non sapevo cosa fare, ma seguirlo mi sembrava la cosa più naturale. Quando ci staccammo per riprendere fiato poggió la sua fronte alla mia. "Non sono il primo ragazzo che baci, vero?" Feci una smorfia. "Bhé, neanche io sono la prima che baci, no?" Anche lui fece una smorfia ed entrambi scoppiammo a ridere.

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